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historiae 56-80

Dum haec per provincias a Vespasiano ducibusque partium geruntur,Vitellius contemptior in dies segniorque,ad omnes municipiorum villarumque amoenitates resistens,gravi urbem agmine petebat.Sexaginta milia armatorum sequebantur,licentia corrupta;calonum numerus amplior,procacissimis etiam inter servos lixarum ingeniis;tot legatorum amicorumque comitatus,inhabilis ad parendum,etiam si summa modestia regeretur.Onerabant multitudinem obvii ex urbe senatores equitesque,quidam metu,multi per adulationem,ceteri ac paulatim omnes,ne aliis proficiscentibus ipsi remanerent.Adgregabantur e plebe flagitiosa per obsequia Vitellio cogniti scurrae histriones aurigae,quibus ille amicitiarum dehonestamentis mire gaudebat.Nec coloniae modo aut municipia congestu copiarum,sed ipsi cultores arvaque maturis iam frugibus ut hostilis solum vastabantur.
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Mentre sono condotte queste azioni nelle province da Vespasianus e dai responsabili del partito,Vitellius ogni giorno più indegno e lento,attardandosi sulle attrattive di ogni comune e villa,con una poderosa truppa andava a RomaAveva con sè sessantamila armati guastati dall’indisciplina,più grande il numero dei servi,con tra i servi gli sfrontatissimi vivandieri,un seguito di tanti funzionari e amici,poco disposti all’obbedienza,anche se richiamati con la massima moderazione I senatori e i cavalieri ,dall’urbe fattisi incontro(alcuni per paura,molti per adulazione, i restanti e a poco a poco tutti per non rimanere da soli,essendo partiti gli altri),appesantivano la moltitudine.Si aggregavano dal popolino, per indecenti servigi noti a Vitellius buffoni,attori da strapazzo, fantini,delle cui disoneste amicizie lui straordinariamente godeva.Nè solamente le colonie o i municipi per gli approvvigionamenti,ma gli stessi coltivatori e i terreni già con la produzione matura erano rovinati come un territorio nemico.

Multae et atroces inter se militum caedes,post seditionem Ticini coeptam manente legionum auxiliorumque discordia;ubi adversus paganos certandum foret,consensu.Sed plurima strages ad septimum ab urbe lapidum.Singulis ibi militibus Vitellius paratos cibos ut gladiatoriam saginam dividebat;et effusa plebes totis se castris miscuerat.Incuriosos milites-vernacula utebantur urbanitate-quidam spoliavere,abscisis furtim balteis an accincti forent rogitantes.Non tulit ludibrium insolens contumeliarum animus:inermem populum gladiis invasere.Caesus inter alios pater militis,cum filium comitaretur;deinde agnitus,et volgata caede temperatum ab innoxis.In urbe tamen trepidatum praecurrentibus passim militibus;forum maxime petebant cupidine visendi locum,in quo Galba iacuisset.Nec minus saevum spectaculum erant ipsi,tergis ferarum et ingentibus telis horrentes,cum turbam populi per inscitiam parum vitarent aut,ubi lubrico viae vel occurso alicuius procidissent,ad iurgium,mox ad manus et ferrum transirent.Quin et tribuni praefectique cum terrore et armatorum catervis volitabant.
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Molte e feroci le uccisioni tra soldati,per la permanente divisione tra legionari e alleati dopo il contrasto iniziato a Ticinus(quando ci fosse da combattere contro i locali,all’unisono).Ma moltissime uccisioni al settimo miglio da Roma.Vitellius ivi con i singoli soldati divideva il cibo apparecchiato come la sbobba dei gladiatori,e la gente afflussa si era mescolata per tutto l’accampamento.Alcuni spogliarono degli ingenuotti soldati,-praticavano uno scherzo cittadino,chiedendo,slacciatagli di nascosto la cintura, se fossero armati.Il carattere fiero agli affronti,non sopportò lo scherzo;l’inerme popolo assalirono,Ucciso tra gli altri il padre di un soldato,mentre accompagnava il figlio;poi riconosciuto e divulgata la morte si risparmiarono gli incolpevoli.In città ansietà per le avanguardie sparse di soldati;soprattutto andavano al foro per il desiderio di vedere il luogo dove Galba era stramazzato.Nè loro offrivano uno spettacolo meno terribile,ispidi di pelli animali e di grandi armi ,quando per disabitudine non stavano alla larga dagli assembramenti di gente,ove fossero caduti o per la via scivolosa o per uno scontro con qualcuno, dal litigio,poi passavano alle botte e alle armi.
Che anzi tribuni e prefetti scorazzavano con una spaventosa caterva di guardie.

Ipse Vitellius a ponte Mulvi insigni equo,paludatus accinctusque,senatum ac populum ante se agens,quominus ut captam urbem ingrederetur,amicorum consilio deterritus:sumpta praetexta et composito agmine incessit.Quattuor legionum aquilae per frontem totidemque circa e legionibus aliis vexilia,mox duodecim alarum signa et post peditum ordines eques,dein quattuor et triginta cohortes,ut nomina gentium aut species armorum forent,discretae.Ante aquilas praefecti castrorum tribunique et primi centurionum candida veste,ceteri iuxta suam quisque centuriam,armis donisque fulgentes,et militum phalerae torquesque splendebant:decora facies et non Vitellio principe dignus exercitus.Sic Capitolium ingressus atque ibi matrem complexus Augustae nomine honoravit.

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Lo stesso Vitellius,su un grande cavallo,in foggia militare e armato,mentre conduceva avanti a sé i senatori e la gente,sconsigliato dagli amici a entrare come in una città vinta:messosi in borghese e schierato l’esercito avanzò.Le quattro aquile delle legioni davanti e ai lati un ugual numero di bandiere delle altre legioni,poi dodici bandiere delle forze alleate e dietro le file dei fanti, i cavalieri;quindi trentaquattro plotoni divisi a seconda della nazionalità o del tipo di armi.Davanti alle aquile i comandanti e i tribuni delle caserme e i primi centurioni con un vestito bianco,-tutti gli altri ognuno con il proprio plotone,con le armi e i regali luccicanti,e le borchie e le collane dei soldati splendevano:bella sfilata e l’esercito degno non di Vitellius come principe.Così entrato nel Capitolium e ivi abbracciata la madre la onorificò del nome di Augusta.


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